OBESITA’ 

 

Puo' essere definita come un eccesso di massa corporea, eguale o maggiore del 20% rispetto al peso di riferimento a minore mortalita', costituito mediamente dal 75% di massa grassa e 25% di massa magra. Nei paesi affluenti è un importante problema sociale per la elevata prevalenza e le implicazioni dirette o indirette sullo stato di salute. 

 

 ETIOLOGIA


salvo che in alcune rare patologie su base genetica (Prader Willi, Laurence Moon Biedl) o in forme secondarie legate a ipotiroidismo, insulinoma o malattia di Cusching, non è possibile riconoscere una unica causa determinante. Sono stati invocati fattori genetici, ambientali, socioeconomici, endocrini, psicologici. E' probabile che responsabilita' poligeniche si manifestino in un ambiente "favorente" per la elevata disponibilita' alimentare e per uno stile di vita a ridotto consumo energetico. Quando l' intake energetico supera le uscite, vi è un bilancio netto di energia accumulata come tessuto adiposo. I diversi studi che hanno indagato sui flussi energetici negli obesi, non hanno portato conclusioni univoche riguardo differenze significative di introito calorico o anormalita' metaboliche.

 

CLASSIFICAZIONE: 

 

Una classificazione di largo consenso utilizza il Body Mass Index, (BMI) di Quetelet, rilevabile secondo la seguente formula: peso/altezza in metri 2. Sono stati proposti i seguenti cut off


 Peso Corretto: BMI 20-25

 Sovrappeso: BMI maggiore 25 e minore di 30

 Obesità II° grado:  BMI maggiore di 30 e minore di 40

 Obesità II° grado:  BMI  maggiore 40 

 


La distribuzione corporea del grasso sembra rivestire importanza prognosticaSecondo le Linee guida europee la circonferenza vita non dovrebbe superare i 102 cm negli uomini e gli 88 cm nelle donne.Un rapporto vita fianchi (waist/hip ratio - WHR) di 0.96 nei maschi e di 0.86 nelle donne discrimina una obesita' "centrale" (androide) a sede intraaddominale e mediastinica associata a patologia coronarica, da una obesita' periferica o ginoide meno correlata a compicanze metaboliche e cardiovascolari. Sembra infatti esservi una diversa sensibilita'ormonale degli adipociti della zona femoro-gluteale rispetto alla zona addominale sia per le catecolamine che per la lipasi lipoproteica.

 

 

 

EPIDEMIOLOGIA 

 

numerosi studi di popolazione hanno messo in luce l'esistenza di una relazione continua tra obesita' e mortalita' e morbilita' sia per patologie cardiovascolari, che per tumori ormonodipendenti come mammella e colon. Valori di BMI al di sopra di 25 si accompagnano ad una maggior mortalita' cardiovascolare, con un rischio relativo depurato da fattori confondenti come fumo ed eta' che cresce progressivamente fino a duplicarsi per BMI > 29. 

L'incidenza della obesita' è alta in ogni eta' ed in entrambi i sessi. In Italia il 21 % dei maschi ed il 18 % delle femmine in eta' adolescenziale è in sovrappeso ed il 6% della popolazione in questa fascia di eta' è obesa. Vi è un aumento di frequenza durante il corso della vita, con un picco intorno ai 4O-.60 anni di eta,' sia per gli uomini che per le donne. Negli adulti di mezza eta' il sovrappeso è nel 45-55% nei maschi e del 29-43% delle femmine, l' obesita' è nel 10-17% dei maschi e nel 10-36% delle femmine. 

Conseguenze cardiovascolari: nell' obesita'aumenta il lavoro cardiaco. La conseguenza è lo sviluppo di ipertrofia ventricolare sinistra con successiva ridotta compliance ed aumento della pressione telediastolica ventricolare sin. Tale situazione puo' regredire con la diminuzione della massa corporea. 

Un'alterazione funzionale molto comune nei pazienti obesi è rappresentata dall' ipoventilazione alveolare, con riduzione della Po2 ed incremento della Pco2. 

Spesso di notte i maschi obesi russatori hanno numerosi episodi di interruzione degli atti respiratori (apnee notturne) che possono sovvertire in maniera silenziosa ma grave la dinamica cardiorespiratoria dell' obeso. Queste alterazioni del sonno vanno cercate con la sonno poligrafia e curate con la riduzione del peso, la CPAP, la revisione chirurgica dei tessuti molli delle prime vie aeree. 

 Nell'obesita' di grado elevato si sviluppa grave ipoventilazione, cianosi, ipercapnia marcata, acidosi respiratoria, sonnolenza o letargia, segni e sintomi che configurano la sindrome di Pickwick nella quale anche la capacita' vitale ed il volume espiratorio di riserva sono ridotti. In alcuni pazienti con obesita' grave (circa il 5% del totale dei pazienti obesi) puo' svilupparsi ipertensione polmonare, in grado di causare ipertrofia ventricolare destra, con aumento delle pressioni ventricolari destre. In questi pazienti non è raro il rilievo di ipertrofia biventricolare. 

Poichè l'obesità si associa ad altri fattori di rischio quali diabete mellito, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia ed ipertensione arteriosa, i pazienti obesi dovrebbero essere sottoposti ad uno screening di laboratorio basale. L'eccesso di peso corporeo risulta infatti correlato con aumento dei valori di VLDL, dei trigliceridi e con la riduzione dei valori di HDL. L'associazione tra obesita', sovrappeso ed ipertensione arteriosa è evidenziata in numerosi studi, ed e' piu' forte nel sesso femminile.Il rischio di eventi cardiaci maggiori (angina pectoris, infarto miocardico) è superiore nei pazienti obesi ed ipertesi, rispetto ai pazienti con sola ipertensione arteriosa. La diminuzione del peso corporeo si associa spesso a diminuzione dei valori pressori. 

Nei pazienti obesi indipendentemente dal sesso, sono spesso evidenziabili alterazioni dalla funzione endocrina tiroidea, surrenale e della steroidogenesi. Le alterazioni della secrezione e della attivita' insulinica sono state studiate sopratutto in relazione alla frequente associazione con l'ipertensione arteriosa. L'associazione iperinsulinismo, obesita centrale, ridotta tolleranza al glucosio, iperuricemia, microalbuminuria, ipertensione arteriosa sistodiastolica sono caratteristiche della cosidetta sindrome imetabolica. Iperinsulinismo ed insulinoresistenza sono probabilmente legati sia ad "un gene del risparmio" che a fattori ambientali quali la sedentarieta' e l' iperalimentazione, e giuocano un ruolo importante nell' eccesso ponderale e nell' ipertensione. 

 

 

COME RIDURRE IL PESO

 

Cardine terapeutico è la riduzione del peso corporeo a spese della massa grassa. Quando si ottiene un risultato significativo con diminuzione almeno del 10-15% dell'eccesso ponderale si possono apprezzare sensibili miglioramenti sul versante metabolico: riduzione della intolleranza al glucosio e, nei pazienti diabetici migliore risposta al trattamento terapeutico. La riduzione della colesterolemia è meno rapida, ma nella maggior parte dei casi sensibile. Sul versante emodinamico si assiste ad una riduzione dei valori della pressione arteriosa e del grado di disfunzione ventricolare sisto-diastolica, quando presente. L'ipoventilazione e la sonnolenza recedono.La riduzione del peso mediante restrizione calorica richiede inoltre come corollario indispensabile un adeguato programma di esercizio fisico, soprattutto per il trofismo della massa magra: Il tentativo di favorire modifiche comportamentali sia nei confronti del cibo che dell'esercizio fisico appare utile non solo per raggiungere un peso ideale ma sopratutto per conservare il risultato raggiunto. L'utilizazione di un supporto psicoterapico, quando possibile, appare in grado di aumentare il successo sia nella fase del dimagramento che nella successiva fase di stabilizzione. 

 

 TERAPIA DIETETICA

 

Si basa sul principio del bilancio energetico negativo, va personalizzata sulle abitudini del paziente, nei limiti del possibile, per una massima compliance. Sia con protocolli fortemente ipocalorici < 800 Kcal VLcd sia con schemi piu' morbidi è necessario garantire un apporto proteico tale da ridurre al minimo l'inevitabile bilancio azotato negativo. La percentuale di insuccessi a medio-lungo termine e quindi di recidive con sola dieta è pressoche' la norma se si ha come obiettivo il completo recupero di un peso teorico, è invece molto meno fallimentare in una strategia di riduzione di peso forse marginale ma utile in termini di riduzione della pressione arteriosa e dei disturbi metabolici. 

La terapia farmacologica va presa in considerazione , anche se comunque accessoria alla dieta. L'uso di preparati tiroidei, in passato frequentemente utilizzati è proponibile esclusivamente nei pazienti con documentato ipotiroidismo.

 

Image: Ambro / FreeDigitalPhotos.net